La Pasqua era la festività primaverile più sentita e celebrata nel modo contadino. Arrivava dopo 40 giorni di Quaresima, in cui il digiuno veniva rigorosamente rispettato, e prevedeva un menù preparato appositamente per l’occasione e fatto di materie prime facilmente reperibili. Uno degli ingredienti basilari, presente in moltissime ricette della tradizione, erano le uova, che in campagna non mancavano mai, data la presenza degli animali da cortile. Le azdore o arzdore vi preparavano la sfoglia o i passatelli da consumare in brodo, la ciambella (rigorosamente senza buco) e la pagnotta pasquale.
Nella domenica che precedeva la Pasqua, vi era l’usanza di preparare le uova pasquali, che venivano rivestite di foglie e fiori, poi avvolte in un panno di stoffa e fatte bollire. In questo modo sul guscio rimanevano impressi dei disegni floreali. Le uova decorate, e divenute sode, venivano benedette e successivamente consumate il giorno di Pasqua. Ognuno aveva il suo uovo, che, dopo una preghiera, veniva privato del guscio e consumato in silenzio. La tradizione vuole che il guscio colorato, essendo benedetto, dovesse essere gettato nel camino per essere bruciato.
Anche la carne era presente: si assaggiavano i salumi preparati durante l’inverno e il giorno di Pasqua veniva cucinato il coniglio con le patate o le erbe